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Vettel ha ragione: Ferrari competitiva, ma non la vettura migliore

La Ferrari si è avvicinata alle Mercedes nel 2018. Ma solo quattro volte Vettel e Raikkonen hanno fatto segnare una media di tempi migliore di Hamilton e Bottas in Q3. In gara, è evidente come le Frecce d’Argento abbiano lavorato meglio dopo l’estate. I cerchi Mercedes e il secondo sensore sulla power unit Ferrari non paiono determinanti.
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“È giusto dire che abbiamo avuto una monoposto molto competitiva, ma non concordo con chi ha la percezione che la nostra vettura sia stata dominante”. Nell'intervista esclusiva a Roberto Chinchero per Motorsport, Sebastian Vettel sembra andare contro le sensazioni di molti tifosi, soprattutto nella prima parte di stagione. I numeri, però, danno ragione al quadro disegnato dal tedesco.

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I dati: la media dei tempi

Cercare di ottenere un valore indicativo della prestazione di scuderia è un'operazione che inevitabilmente sacrifica una parte del peso del pilota nella determinazione del risultato. Un'indicazione, per comprendere il potenziale delle vettura, deriva dall'individuazione di una prestazione teorica ottenuta dalla media dei tempi dei due piloti della scuderia. Il confronto così ottenuto fra i due piloti Ferrari e i due piloti Mercedes, che aumenta di validità quando sono tutti presenti in qualifica o tutti arrivati al traguardo in gara, racconta di una stagione non così dissimile dal quadro disegnato da Vettel.

Qualifiche: Ferrari vicina, ma in Q3 il gap resta

Il 2018 ha visto una Ferrari molto vicina come prestazioni medie in qualifica alla Mercedes, soprattutto nella prima parte di stagione. Ma dentro le pieghe dei valori medi, le prime ragioni della sconfitta del Cavallino emergono. In 16 dei 19 gran premi, tutti i quattro piloti delle scuderie top hanno affrontato tutte le sessioni di qualifica, ad eccezione di Australia, Germania, Belgio. Il miglioramento tra la Q2 e la Q3 rimane sistematicamente inferiore rispetto al gap evidenziato dalle Mercedes, tranne che a Shanghai. E quando in Ungheria arriva la pioggia, il peggioramento dei tempi di Vettel e Raikkonen è più marcato rispetto ai rivali che, con l'abbassarsi della temperatura, vedono azzerarsi i problemi di surriscaldamento delle gomme posteriori.

Nell'ultimo stint, comunque, sono quattro i gran premi in cui la Ferrari raggiunge prestazioni medie più competitive della Mercedes: Bahrain, Cina, Monaco e Italia. Un dettaglio che conferma come Monza abbia rappresentato in effetti un momento spartiacque della stagione. In qualifica, dopo Monza le Ferrari faranno meglio dei rivali solo nella Q1 di Singapore.

Il grafico delle posizioni in qualifica, stint per stint
Il grafico delle posizioni in qualifica, stint per stint

Eppure, se si guarda alla media delle sei rilevazioni per qualifica (due per pilota per ciascuna sessione), la Ferrari registra valori più bassi della Mercedes in nove gran premi dei 15: succede in Bahrain, in Cina, in Azerbaigian, in Spagna, a Monaco, in Canada, in Ungheria, in Italia, a Singapore. Segno che l'avvicinamento è anche dovuto a una spinta più vicina al limite della SF71H già dai primi stint e da una Mercedes che comunque si rivela in grado di aprire un gap superiore quanto conta di più, anche se il differenziale non è così marcato come l'anno scorso. E di raggiungere con costanza, nelle varie sessioni, posizioni migliori.

Giro veloce e speed trap

La sensazione di una Ferrari più competitiva in termini di punte di rendimento che di continuità sembra rispecchiarsi anche nel confronto dei giri veloci in gara, che vede medie più basse per la Ferrari in nove occasioni sui 19 gran premi, ma solo negli Usa dopo la pausa estiva. E questo a fronte di velocità allo speed trap che vedono la Ferrari raggiungere rilevamenti migliori in 10 gare, anche se la Mercedes in questo distretto appare depositaria ancora di una power unit più performante.

Le rilevazioni allo speed trap
Le rilevazioni allo speed trap

In gara: aumenta il divario dopo l'estate

Se le medie dei tempi in qualifica possono consentire di avvicinarsi, con buona approssimazione, a un valore cronometrico che esprima il potenziale delle vetture, in gara la media dei tempi esprime più una linea di tendenza. I diversi fattori legati alle strategie, al rendimento delle gomme, al risparmio dei motori, infatti, impattano maggiormente sulle prestazioni alla distanza. Ma la tendenza è coerente con il quadro disegnato da Vettel e con l'andamento anche nel giro secco. Mercedes ha un vantaggio di medio di un paio di secondi sul tempo complessivo. Un valore a cui si arriva attraverso la media dei tempi di gara, su un totale di 18 dei 19 gran premi in calendario: il doppio ritiro delle Frecce d'Argento esclude l'Osterreichring da queste considerazioni. Nelle altre, in caso di ritiro di uno dei due piloti di una scuderia, il tempo dell'altro vale come riferimento del team (i dati sono riassunti nella tabella che segue).

Se invece si guarda un corpus ancor più ristretto, che tenga fuori anche Bahrain, Baku, Spagna e Belgio e dunque consideri solo le gare con tutti e quattro i piloti al traguardo, il gap medio sulla prestazione in gara in favore delle Frecce d'Argento sarebbe più vicino ai tre secondi e mezzo. La Ferrari mostra un potenziale superiore in Australia, a Monaco, in Canada dove Vettel ha festeggiato le 50 vittorie, in Gran Bretagna, in Ungheria, in Usa, in Messico. A favore delle Frecce d'Argento pesano i 10,7 secondi di gap medio in Russia (giochi di scuderia a parte), i 21 a Singapore e i 54 in Giappone. I

La media dei tempi in gara
La media dei tempi in gara

Si confermerebbe l'immagine di una Ferrari capace di iniziare meglio la stagione, fra le medie di scuderia in Australia ci 19 secondi a favore della Rossa, e incapace di reggere l'evoluzione dopo l'estate. Proprio a Spa, la Mercedes ha introdotto i chiacchierati cerchi forati, e proprio dal Belgio inizia il cambio di tendenza. Certo, la coincidenza temporale non basta di per sé a provare l'esistenza di un nesso causale, però è anche vero che a Austin, dove la Mercedes ha sigillato i fori anche nell'ottica di evitare un potenziale reclamo, le medie dei tempi in gara di Vettel e Raikkonen tornano ad essere leggermente più basse dei rivali. Resta poco per giustificare una teoria complottista di qualunque tipo, le Ferrari erano comunque chiamate a spingere di più contro una scuderia che poteva amministrare visto il vantaggio. Secondo i delegati tecnici della Fia, gli ormai famosi buchi avrebbero un ruolo minoritario sul piano aerodinamico, anche se per Nich Chester, direttore tecnico della Renault, “se è possibile fare qualcosa sui cerchi, allora questa diventa la parte più importante di tutte le novità aerodinamiche per il 2019. Con le nuove ali anteriori, si fa fatica infatti a ripulire l’aria, quindi sarà importante capire se è possibile utilizzare anche i cerchi in questa direzione”.

Un Mondiale che ribalta le antiche certezze

Più del secondo sensore sull'utilizzo dell'energia elettrica, atout della power unit Ferrari in tutte le sue evoluzioni nella prima parte di stagione, il crollo di competitività nella parte finale del Mondiale si deve a una minore trazione della rossa. Intanto, in uno stravolgimento degli equilibri abituali, la Mercedes si rivela la macchina migliore sulle piste lente. Anche perché, dopo i test a Budapest, al limitare della pausa estiva, gli ingegneri sviluppano la sospensione posteriore, ne modificano la cinematica e imprimono il deciso cambio di ritmo. Lo sviluppo della Rossa, invece, fa girare a vuoto fino al radicale ritorno indietro a Austin, che segna una ripresa decisa nelle prestazioni. Ha ragione Vettel, la Ferrari è stata a tratti una vettura capace di prestazioni di punta migliori delle Mercedes. Ma non certo una monoposto dominante.

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